Questa è la storia di Joice. Ma potrebbe essere la storia di tanti altri bambini in Africa e in altre parti del mondo.
Storie di abbandono, di indifferenza, di morte.
Joice ha quasi tre anni e pesa 5 kg.
È arrivata al nostro dispensario in fin di vita, il suo respiro era un debole soffio e non aveva nemmeno le forze per stringere il mio dito tra le sue manine.
Joice è l’ultima di undici figli di una famiglia poverissima e afflitta dal virus dell’ HIV.
La madre ha avuto i figli con quattro uomini diversi, nessuno dei quali è rimasto in famiglia.
Tre bambini sono morti, di fame, di stenti e di indifferenza.
Joice è talmente magra e denutrita che quando la prendo in braccio e la stringo a me ho paura di farle male, quasi di rompere quel corpicino fatto solo di ossa.
Gli occhi sono tristi, infossati in quel piccolo viso in cui non c’è più speranza.
Joice è un problema per la sua famiglia, un peso inutile da mantenere.
L’hanno portata al dispensario in fin di vita sperando che lì morisse e non a casa.
Ma per fortuna in noi la speranza non è morta. Dopo averla idratata abbaiamo iniziato con piccole dosi di cibo e latte che lei a volte mangia volentieri e a volta rifiuta.
Ci vorranno mesi perché si rimetta in piedi e riesca a camminare con le sue gambe, ma noi siamo qua per questo.
Ogni tre ore andiamo da lei per nutrirla stando sempre presenti durante i pasti.
Un giorno ho portato del cibo per la bambina e dopo essermene andata ho scoperto che l’aveva mangiato la madre, lasciando la bambina a stomaco vuoto.
Questa madre non la vuole questa bambina e la rabbia che io sto provando non riesco a descriverla a parole.
Questa madre si rende conto benissimo che se Joice non mangia morirà.
Se ne rende conto perché è quello che vuole.
Paola Pedrini
1/12/2013