Finalmente sono iniziati i lavori di costruzione del Rafiki center, centro di accoglienza per bambini disabili.

Ho presentato il progetto davanti a una commissione di venticinque persone, rappresentanti delle diverse parrocchie del distretto di Machakos.

E il progetto è stato ampiamente accettato. Ognuno dei rappresentanti ha ammesso che nei propri distretti ci sono bambini disabili che necessitano di cure e attenzioni adeguate. Spesso hanno solo disabilità fisiche ma lasciati in famiglia possono compromettersi anche le loro abilità intellettive.

I lavori vanno molto a rilento seguendo i ritmi africani e secondo le possibilità che abbiamo.

I lavoratori stanno preparando mucchi di sabbia e spaccando pietre per preparare le fondamenta.

Questo significa andare al fiume e raccogliere manualmente la sabbia con una pala, caricarla sul pick up e portarla alla missione. Significa estrarre manualmente dalle cave i pezzi di pietra per poi sminuzzarle una ad una e preparare così il terriccio per le fondamenta. Infine si preparano i mattoni, uno ad uno.

Tutto questo lavoro richiede un’enorme quantità di energia, di fatica e di tempo. Quel tempo che qua non esiste e prende forma solo quando inizi a fare qualcosa.

Io sono arrivata con in testa i tempi occidentali, nonostante sia già stata qua diverse volte, e pensavo di costruire una struttura simile in pochi mesi.

Mi sbagliavo. Ci vogliono tempo e pazienza, sbaglieremo e dovremo rifare, ci inventeremo espedienti che a volte funzioneranno e a volte no. Litigheremo e ci saranno momenti di delusioni e voglia di mollare tutto e tornare a casa.

Ma ci saranno anche momenti di gioia quando inizieremo a veder materializzarsi quella che era solo un’idea. Quando innalzeremo la prima parete o finiremo la prima stanza. Quando visiteremo le prime famiglie e parleremo con i loro bambini disabili, conosceremo i loro bisogni e cercheremo di soddisfarli nel migliore dei modi.

Il sole caldo e le giornate ventilate hanno lasciato spazio a un cielo carico di nuvole. È iniziata la stagione dei piccoli monsoni, piogge abbondanti ma saltuarie che rallentano ogni cosa.

Io continuo il mio lavoro all’ospedale della missione, la temperatura si è abbassata bruscamente e tutti i letti sono occupati da pazienti per lo più affetti da malaria, problemi alle vie respiratorie e TBC.

Un bambino nasce mentre tre muoiono, la vita alla missione continua. Qua si vive giorno per giorno, impossibile fare progetti perché accade sempre qualcosa di inaspettato.

 

10/11/2013

Paola Pedrini

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