Ho contratto la malaria. Sono rimasta tre giorni a letto con febbre alta e dolori in tutto il corpo. Poi la pesante terapia ha iniziato a fare effetto e nel giro di pochi giorni ho ripreso le forze e mi sono rimessa in piedi.
Insieme al gruppo di volontari di Domus abbiamo fatto visita ad alcune famiglie che supportiamo e aiutiamo ma che vivono fuori dalla missione. Le loro capanne sono disseminate tra i campi e a volte nascoste nella boscaglia. Quando arriviamo nei pressi della loro terra i bambini spuntano fuori da ogni angolo. Sono famiglie numerose e molto povere, vivono al limite della sopravvivenza. Portiamo loro cibo, vestiti, beni di prima necessità. Alcune famiglie sono state aiutate da Domus grazie al microcredito e riescono a sopravvivere con caprette, mucche o una macchina da cucire.
Il Kenya non è Malindi. Mettetevelo in testa. E non è nemmeno i suoi safari avventurosi. Queste sono solo una piccola parte del Kenya.
In Kenya le persone muoiono ancora di fame, di stenti, di fatica, di dissenteria, di malaria, di AIDS. I bambini sono denutriti e capita che intere famiglie non mangino per giorni e giorni. Nei piccoli villaggi manca l’acqua potabile e a volte l’elettricità. Le donne vanno al fiume, si caricano sulla schiena contenitori di dieci litri d’acqua per portarla a casa, farla bollire, bere, lavarsi e cucinare.
In molte di queste famiglie si trovano segregati anche bambini disabili. Vivono in un angolo della capanna perché non possono muoversi non avendo i mezzi necessari, non possono frequentare la scuola né socializzare con altre persone e altri bambini.
Questo non è vivere, questo è aspettare di morire.
Io voglio tirare fuori questi bambini dalle loro capanne e mostrare loro che c’è un altro modo per vivere, voglio dare loro una possibilità, quella di avere una vita diversa, il più possibile vicina alla “normalità”.
Voglio mostrare loro che c’è un mondo che li aspetta, un mondo con delle prospettive. Voglio dire a questi bambini che non sono soli, che possono imparare un mestiere, possono studiare, possono giocare con gli altri bambini. Possono scegliere. Possono ricevere amore, cure adeguate, possono migliorarsi, possono sviluppare dei talenti che nemmeno immaginano di avere. Possono sperimentarsi, fare cose nuove, apprendere, crearsi nuovi legami, confrontarsi. Voglio dare loro una vita nuova.
Paola Pedrini
3 novembre 2013