La missioni di Ndithini. Un angolo terrificante di paradiso dove i sentimenti ti investono, contrastanti come in contrasto vivono la vita questi bambini, sempre sospesi tra la vita e la morte.
Ma per alcune ore hanno dimenticato tutto e si sono dedicati solo a noi, a noi volontari, alcuni di passeggio, altri come me che si fermeranno per lungo tempo.
L’accoglienza è stata come al solito meravigliosa e calorosa. Circa 200 bambini della scuola primaria ci hanno accolto sfilando e cantando con i loro balli tradizionali, gli abiti tipici tribali, quei movimenti sinuosi del corpo che sono forse la prima cosa che imparano. Ancor prima di parlare.
Un’accoglienza all’africana. Calorosa, rumorosa e colorata. Anche da parte del nostro cagnolino Ulisse, che non dimentica di chi si è preso cura di lui.
L’attentato al Westgate, il recente attacco terroristico successo a Nairobi ha scosso tutto il paese. Quello che ne rimane è l’involucro con all’interno un cumulo di cenere.
Ma qua alla missione la vita continua sospesa tra l’ingenuità propria dei bambini e l’amore e le attenzioni che ricevono da tutti noi.
Oggi abbiamo visitato il centro per disabili diretto dai diocesani che si trova non lontano dalla nostra missione, non lontano come distanze ma che ti trasporta in un altro pezzetto di Kenya che sembra lontano anni luci dall’amore che si respira a Ndithini.
Il progetto, quello di costruire il Rafiki center per bambini disabili all’interno della nostra missione, nasce soprattutto dal fatto di aver visto con i miei occhi le condizioni in cui vivono questi bambini.
Scarsa igiene, malnutrizione, emarginazione, mancanza di socializzazione con altri bambini, scarsa istruzione.
Ma questi bambini hanno quasi tutti disabilità fisiche e non mentali. Hanno voglia di imparare, di studiare, sono curiosi di conoscere cose nuove. Hanno gli occhi parlano, la luce che emanano chiede di vivere, vivere una vita dignitosa. Come tutti i bambini del mondo.
Il primo passo che dobbiamo fare per iniziare il nostro programma è quello di chiedere il permesso al parroco della missione presentando per iscritto e attraverso un colloquio le motivazioni e lo scopo del nostro progetto.
Domus Onlus dall’Italia, la congregazione delle Piccole Figlie di San Giuseppe in Kenya e tutti i nostri sostenitori saranno un supporto importante e continuativo durante tutte le fasi di progettazione.
Aspettiamo, dunque, con i tempi indiani, che ci diano il permesso per iniziare a costruire nel luogo più adatto nella missione.
Paola Pedrini
Ndithini 13 ottobre 2013